Conclusioni dell'avv. generale M. WATHELET nella causa C-673/16: il termine "coniuge" include coniugi dello stesso sesso

La domanda di pronuncia pregiudiziale presentata nella causa C-673/16 in esame verte sugli articoli 2, punto 2, lettera a), 3, paragrafi 1 e 2, lettere a) e b), e 7, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE.
Tale domanda fornisce alla Corte l’occasione di pronunciarsi, per la prima volta, sulla nozione di «coniuge» ai sensi della direttiva 2004/38 nel contesto di un matrimonio concluso tra due uomini. Il compito è delicato in quanto, se è vero che il matrimonio è un istituto giuridico, nello specifico e limitato contesto della libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, la definizione della nozione di «coniuge» che sarà adottata coinvolgerà, necessariamente, l’identità stessa degli uomini e delle donne interessati – e dunque la loro dignità – ma altresì la concezione personale e sociale che i cittadini dell’Unione hanno del matrimonio, la quale può variare da una persona all’altra, da uno Stato membro all’altro.

Nelle sue conclusioni non vincolanti, l'avvocato generale Melchior Wathelet afferma che nonostante i Paesi dell'Unione siano liberi di autorizzare o meno il matrimonio tra persone dello stesso sesso, essi non potrebbero impedire la libertà di residenza ad un cittadino dell'Unione rifiutando di concedere al suo/sua sposo dello stesso sesso, un cittadino di un Paese al di fuori dell'Unione, il diritto di risiedere permanentemente nel proprio territorio.

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